Una persona diventata cieca è legata ai suoi ricordi visivi, dai quali non riesce a svincolarsi;
non prenderà mai coscienza dell’efficacia degli strumenti percettivi, continuando a essere
un "ex-vedente".
Un cervello poco allenato a vedere, prende le cose per quelle che sono; ci vuole una certa
esperienza nel "vedere", per il fatto che implica un’interpretazione di dati forniti dall’ambiente
che è intorno; ad esempio, cubi disegnati in prospettiva possono non essere letti come elementi
tridimensionali, ma come piani accostati tra loro.
La vista ha un ruolo più importante oggi, rispetto al passato; la comunicazione visiva ha
raggiunto, infatti, un livello notevole grazie anche ai nuovi sistemi informatici e virtuali,
privilegiando però il vedente. Si pensi che l’83% degli stimoli umani sono dati dalla vista,
perciò gli altri 4 sensi devono riuscire, allenandosi, a compensare le carenze dovute alla cecità.
Sia per il non vedente che per il normodotato gli stimoli sono gli stessi, solo che il
vedente non è "attento" a saperli cogliere.
La vista, come l’olfatto e l’udito, sono sensi che agiscono "a distanza", e il tatto ha la sua
massima distanza con "il braccio"; la vista sa cogliere le minime sfumature, le minime differenze,
come per esempio l’udito, anche se con questo si può percepire un oggetto solo in determinate
situazioni; la vista coglie la forma anche se opera su 2 dimensioni, è il cervello, che unendo le 2
immagini, crea la “profondità”; gli occhi da soli colgono 2 dimensioni, insieme al cervello anche
la terza. Il tatto, al contrario, percepisce la terza anche se non la globalità, prerogativa della
vista.
Con questa infatti noi abbiamo una percezione inizialmente globale, del "tutto", poi, in un
secondo momento, scendiamo a notare il particolare, il dettaglio; per il cieco è esattamente
l’opposto, prima tocca, sente apticamente il particolare e poi passa al "tutto", all’insieme.
E’ un processo analitico, avviene per gradi e si conclude con la totalità; si basa sulla memoria e
sull’astrazione, riunendo alla fine dell’esplorazione tattile l’insieme e il particolare. Per il
cieco è uno sforzo intellettuale il ricordarsi tutti i "passaggi tattili", il vedente invece è
aiutato dalla fisionomia.
Il dottor Grassini, vice presidente dell’UIC,
Unione Italiana Ciechi, prende ad esempio la sua "metafora della perla" per spiegare come è
l’"evoluzione" sensoriale per un cieco: come dal granello di sabbia nasce e si sviluppa la perla,
così dalla percezione tattile si crea un’immagine sensoriale.
Nasce quindi la necessità di un’educazione dei sensi, dell’educazione al tatto; "bisogna-dice
Grassini- abituarsi a toccare con entrambe le mani, con tutte e dieci le dita".
"Toccare è osservare con le mani,è un’esperienza complessa che richiede al non vedente attenzione,
concentrazione, memoria, coordinamento nei movimenti; bisogna toccare con le mani aperte per
percepire le dimensioni, con tutta la mano per conoscere le superfici, con le dita per conoscere
i contorni della figura, con la punta dell’indice per rintracciare i articolari, con i polpastrelli
dell’indice e pollice per conoscere gli spessori".
Ci si chiede spesso "come vede il mondo il cieco" e la risposta è semplice: egli utilizza dei dati diversi dal vedente ma pur sempre reali. Se di fronte un tavolo, ad esempio, chiediamo a un cieco e ad un vedente di descriverlo, il primo dirà che è ruvido, il secondo che è di colore bianco. Quindi il tavolo per il cieco è "un materiale" mentre per il vedente è "un colore". Hanno entrambi descritto il tavolo con aggettivi reali, ma istintivamente diversi. Ciò però rischia di portare a discriminare il non vedente per il linguaggio usato diversamente. La dimensione del tavolo, poi, sarà spiegata con molta difficoltà da parte del non vedente; il "misurare", infatti, per il cieco è un’operazione complessa, è una capacità tattile molto difficile, in quanto egli dovrà girare intorno al tavolo, preoccupandosi anche di incontrare ostacoli, dovrà procedere con passo insicuro e dovrà toccare con attenzione.
Le qualità tattili sono molte, ad esempio il caldo, il freddo, il ruvido…, ma sono meno ricche di sfumature; è per questo motivo che il non vedente deve essere educato fin da piccolo ad una "plurisensorialità" dei sensi, ad una dimensione Aptica. Quando tocchiamo qualcosa intenzionalmente, attiviamo tutta la nostra rete di recettori tattili e la sensazione da "Tattile" si trasforma in "Aptica" : "Quella percezione cioè che comprende tutti quei sotto sistemi sensoriali derivati dal coinvolgimento della pelle, dei muscoli e delle articolazioni" ( A. Grassini).
Qual è il valore estetico della percezione? L’esplorazione tattile fornisce questo merito,
coglie il bello e il brutto; la cosa fondamentale è sempre essere stati educati a toccare fin da
piccoli. L’arte è un fatto culturale, e la cultura è comunicazione.
Qual è poi il valore estetico dell’immagine? Questo parte dal saper toccare la forma, armonica o
simmetrica, avente i canoni estetici insegnataci dalla cultura greca classica.
Questi, però, per il non vedente devono essere spiegati attraverso il tatto e questo determina un
ritardo estetico nell’apprendimento; ciò però solo nelle arti plastiche, non succede nella musica
o la poesia.
Le arti possono far nascere un piacere edonistico e un piacere estetico; il primo è una
sensazione, è un suono gradevole; il secondo, invece, nato dal primo, è un’esperienza
intellettuale, è "la perla nata dal granello di sabbia", è un insieme di esperienze.
L’opera d’arte provoca emozioni: la musica, ha un ruolo fondamentale, si "sviluppa nel tempo"; le
arti visive, la percezione sensoriale della vista è immediata, sintetica, si "sviluppa sulla
spazialità"; la poesia, arte della parola, si "fonda sui concetti", e si avvale anch’essa del
fattore "tempo"; l’immagine tattile, frutto di un’unione di elementi, viene contemplata nella mente.
La parola "immagine", infatti, viene spesso associata alla vista, alla parola "visiva". Questa
parola è presente nel vocabolario dei non vedenti più di quanto si crede; per i ciechi tardivi, le
immagini perdono la loro limpidezza, nitidezza col passare del tempo fino a diventare evanescenti,
mentre per i nati ciechi queste immagini si creano nella mente in base alle informazioni aptiche e
tattili da cui è stato stimolato.
Da ciò, si può dedurre che "l’immagine non è una conseguenza della descrizione, ma un’attività
elaborata, risultato di varie forme di informazioni" (De Beni-Rocchi "Memoria e uso di immagini
mentali in ciechi congeniti totali"). Esistono comunque delle analogie tra la Vista e il Tatto:
l’occhio riesce a distinguere due cose distanti tra loro un centesimo di millimetro, le dita, al
massimo, distanze superiori ai 2 millimetri, se più piccole possono essere associate ad un’unica
superficie. La percettibilità tattile di una linea non dipende solo dalla sua larghezza, ma anche
dallo spessore e dalla forma del suo rilievo, per cui un rilievo arrotondato è meno efficace di uno
più netto. Il tratteggio o il puntinato sono molto più efficaci.
Modello della città di Pistoia con relativa legenda: